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Gruppi psicoterapeutici per l'età evolutiva
Firenze, anno 2021

ovvero "Silvana facci una casina più grande così ci può entrare anche Anna"

L' essere umano è un animale gregario. Non può evitare di essere membro di un gruppo. Le teorie di Freud e i lavori di Melanie Klein fanno capire che l'individuo non solo appartiene sin dall'inizio della vita a un gruppo familiare, ma che i suoi primi contatti con la madre e le persone che lo circondano hanno decisiva importanza per il suo sviluppo.

L'uomo svolge la sua vita in vari gruppi sociali: la famiglia, la famiglia allargata, gli amici, i compagni di gioco e quelli di scuola fino ai colleghi di lavoro, senza dimenticare un gruppo che è il più basilare di tutti: il gruppo di noi stessi , infatti nessuno di noi ha un solo sé, ma molti sé che riguardano i vari ruoli che si ricoprono nella vita.

E' in Francia che la psicoterapia di gruppo con bambini , ormai da venti anni affermatisi nel servizio pubblico, trova la sua espressione preferenziale con P.Perivat e D.Quelin che ne sono i principali animatori : l'impossibilità di sopperire alla richiesta di terapia individuale da parte del servizio pubblico favorisce questa alternativa interessante, che costituisce per il terapeuta il modo più vantaggioso di impegare il tempo. 

I vantaggi del lavoro di gruppo in età evolutiva sono numerosi: nel gruppo i bambini possono vedere le conseguenze del loro comportamento e riconoscere l'impatto del comportamento degli altri su se stessi; nelle terapie individuali è più facile negare la responsabilità delle azioni, ma nel gruppo è più difficile  negare le esperienze perché il resto del gruppo ne è testimone; Il gruppo facilita l'esplorazione di diverse relazioni, modelli di comportamento e prospettive, ma è anche lo spazio in cui nascono emozioni e pensieri comuni; e ancora  alcuni genitori accettano più facilmente l'indicazione di terapia di gruppo, perché risulta meno minacciosa rispetto a quella individuale, ugualmente per i ragazzi più grandi,  adolescenti, il fare terapia equivale all'etichetta di "pazzia", mentre il lavoro di gruppo risulta più innocuo.

Da queste premesse e da altre personali riflessioni è nata in me la risoluzione di portare avanti un lavoro di gruppo con bambini che già conoscevo, avendoli trattati individualmente. Nel gruppo , ai suoi inizi, c'erano solo due bambini in età di latenza, compatibili per difficoltà e l'eterogeineità, necessaria per un funzionamento ottimale, era data soltanto dal fatto che oltre ai due bambini c'era un adulto, anzi una adulta;  una adulta particolare che si differenziava da tutti gli altri adulti conosciuti dai bambini: maestri, genitori educatori, perché non imponeva le regole, a parte la regola ovvia e basilare di non farsi male, ma  che, nello stesso tempo, assicurava la stabilità del setting come luogo privilegiato in cui far vivere le proprie fantasie al sicuro dei limiti definiti. La patologia dei bambini era molto simile, in quanto si trattava di disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, ma le differenze caratteriali hanno fornito l'uno all'altro modelli diversi di comportamento, strategie e difese   differenti, ma anche specchi in cui  riflettere parti dei loro sé di cui non erano consapevoli e che talvolta li lasciavano perplessi: quando ciò succedeva veniva sospesa l'azione e si affacciava l'esitazione che ,come Freud ha detto, rappresenta la prima tangibile prova del pensiero.

Il mettere insieme due bambini con disturbo dello spettro autistico è stata una scelta  su cui molto ho riflettuto, valutando le capacità e i punti deboli di ognuno di loro, il  loro livello intellettivo, il linguaggio e fantasticando sui possibili risvolti, negativi e positivi, ma soprattutto pensando, che il loro disturbo coinvolgeva soprattutto la relazione, quindi dopo aver svolto un necessario lavoro individuale, il naturale proseguo , secondo me, era proprio il Lavoro di gruppo.

Il gruppo si è poi arricchito, ed è questo il termine giusto, della presenza di una bimba più piccola , anche lei con alcune caratteristiche riguardanti lo spettro autistico ; Lei è stata l'elemento eterogeo più importante( femmina e più piccola)  il  suo ingresso ha favorito, fin da subito,  quel processo di cambiamento che risulta difficile per tutti, ma in modo particolare colpisce
( ed aveva colpito) i bambini con questa patologia .

La resistenza al cambiamento poteva concretizzarsi con il continuo ritornello di Federico, 9 anni: "Io non voglio crescere, io resterò sempre piccolo", e la domanda stupita di Nino, 8 anni, "Ma non è possibile, Non vuoi diventare grande?", non faceva che irrigidire l'altro "No" e ancora " Non vuoi fare un lavoro? Per esempio il pasticcere oppure il poliziotto?" "No, io non voglio fare niente" Concludeva categorico Federico. Difficile anche opporre un semplice dato di realtà, ma è stato l'ingresso di Anna nel gruppo, 6 anni da compiere, ad operare una trasformazione;  un semplice, delicato accenno da parte della terapeuta sul suo ruolo di bambino più grande e quindi più responsabile, lo ha spinto ad occuparsi della bimba facendole vedere come giocare al dottore, anzi al veterinario; è stato emozionante essere, per il terapeuta, testimone dell'impercettibile trasformazione fisica di Federico : la testa alta e le spalle dritte, lo sguardo serio, ma conscio, e non il solito "svaccarsi" sul pavimento. E' stato interessante anche vedere come Nino aveva gestito questa improvvisa alleanza tra quello che lui ritiene il suo unico grande amico( Federico)  e l'"intrusa": disagio, competizione, anche scoppi di rabbia che però sono stati cancellati dalla richiesta di costruire una casina per il gioco del buio, uno dei giochi preferiti dei due maschi, ma "Devi costruirla più grande, così ci può stare anche Anna"...Nino con questa frase non parlava  soltanto dello spazio concreto  per il gioco, ma soprattutto del suo spazio mentale  che si ampliava per fare "posto" alla nuova arrivata.

Questa tranche forse può spiegare meglio di tante parole il lavoro di gruppo che ha compreso anche il gruppo dei genitori a cui veniva dedicato un incontro settimanale da remoto e, all'occorrenza anche uno spazio individuale, qualora il problema non poteva o voleva essere condiviso.

Simoncini Silvana, psicologa, psicoterapeuta, ha lavorato per  molti anni nel servizio pubblico occupandosi di bambini con varie patologie , la specializzazione conseguita sull"Immaginario e la comunicazione simbolica in età evolutiva" è stato uno dei primi passi verso l'approfondimento dei temi relativi all'infanzia, è seguito un lungo percorso psicoanalitico con un membro della SPI , supervisioni regolari con uno psicoanalista del centro Marta Harris di Firenze e varie supervisioni di gruppo dello stesso centro.

Bibliografia di riferimento:
"Introduzione all'opera di Bion" L.Grinberg, D.Sor, E.Tabak de Bianchedi, Raffaele Cortina ed., Milano  2020
"Manuale di psicoterapia dell'infanzia e dell'adolescenza" a cura di M.Lanyado e Ann Horne, ed. Franco Angeli, Milano 2018
"Il bambino in psicoterapia di gruppo" Pierre Privat, Dominique Quelin-Souligoux, Ed. Borla, Roma

 


Area di competenza
2° e 3° infanzia
  • Problemi di relazione
  • Problemi di separazione
  • Ansia e somatizzazione
  • Disturbo dello spettro autistico
  • Ritardo di linguaggio
  • Disturbo del comportamento
  • Disturbi alimentari
  • Fobie scolari
  • Oppositività

Adolescenti
  • Crisi adolescenziale
  • Depressione
  • Disturbi relazionali
  • Elaborazione del lutto

Adulti
  • Problemi esistenziali
  • Crisi del ciclo di vita
  • Coppie in crisi
  • Ansia e depressione
  • Elaborazione del lutto

Dott.ssa Silvana Simoncini
Psicologa e Psicoterapeuta a Firenze
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Toscana n. 787 dal 1989

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