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Sostegno alla genitorialità

Psicoterapia e sostegno alla genitorialità

Il lavoro con i genitori

Ho lavorato per molti anni con i bambini e alla luce della mia esperienza ritengo che una psicoterapia che non tenga conto dei genitori è destinata a fallire.

All'inizio del mio lavoro istituzionale con l'infanzia sono stati diversi i bambini arrivati al servizio con forte ansia da separazione, sintomo di disturbo dell'attaccamento. Impossibile e crudele imporre al piccolo di entrare nella stanza di terapia senza la mamma, occorreva farci i conti.  Succedeva così che da un disagio iniziale, non calcolato, cioè l'ingresso del genitore nella stanza di terapia, emergeva una nuova ricchezza: il bambino in seduta era più tranquillo e disponibile, la presenza della mamma o del caregiver forniva al setting  utili informazioni che riguardavano il bambino, ma soprattutto la relazione tra genitori e bambino stesso : questa poteva essere osservata nel qui ed ora della terapia.

Il bambino e il gioco

Riferisco questa mia riflessione al lavoro della consultazione partecipata di Dina Vallino, un modello che nasce dal bisogno di "intendere"il bambino, comprenderlo, dargli sollievo già dal primo incontro : se il bambino si sente compreso prova subito sollievo.
Per raggiungere questo obbiettivo la Vallino aveva già accettato di tenere occasionalmente i genitori in seduta e aveva notato che la presenza dei genitori dava coraggio ai bambini. Da qui il coinvolgimento dei genitori nella consultazione che divenne partecipata.

Il bambino che   si sente compreso  è ben disposto  a comunicare con l'analista attraverso il linguaggio metaforico del gioco, della storia narrata, della scenetta…,  il linguaggio viene poi tradotto ai genitori e lo rende comprensibile e condivisibile : l'analista traduce per i genitori i significati nascosti, quindi  i fraintendimenti degli stessi genitori vengono meno.

Il ruolo dei genitori in terapia

Il lavoro con i genitori nasce dalla basilare constatazione, più volte affermata, che individuo e ambiente non sono separabili; è stato il modello sistemico il solo che all'origine ha preso in considerazione la famiglia e non solo il paziente, ma ha teso, soprattutto all'inizio, nel solo "gioco familiare" e nella "patologia della comunicazione la genesi del disturbo psichico.

Nei genitori, in terapia, emerge spesso un blocco, un non riuscire ad intendersi, nonostante le buone intenzioni, e l'incontro tra i tre, o quattro, qualora vi siano anche sorelle o fratelli, serve non a stabilire chi ha torto o ha ragione , ma a far entrare in contatto gli uni con gli altri, a mettere in comunicazione i rispettivi mondi interni , a far comprendere a ognuno le ragioni dell'altro.
Qui il terapeuta funziona da ponte : osserva, ascolta, collega le parti, cerca di utilizzare al meglio le risorse emotive ed intellettuali di ognuno, per favorire un circolo o un ri-circolo delle emozioni e degli affetti bloccati o distorti.

Ho spesso osservato che il disturbo emergente del figlio proviene da lontano, a volte molto lontano : nonni, bisnonni, anche trisavoli che hanno, inconsapevolmente, riversato sui loro discendenti le loro patologie, i loro accidenti, le loro storie familiari disastrate : suicidi, lutti non elaborati, malattie psichiatriche non curate, abbandoni, maltrattamenti e abusi.

Ricordo Fausto 4 anni, all'epoca, con disturbo dello spettro autistico, la cui madre riferiva che il proprio nonno era rimasto orfano in tenerissima età a causa del suicidio del proprio padre e aveva passato l'infanzia in orfanotrofio . Questa triste vicenda, che si era ripercossa a cascata nelle generazioni seguenti, era visibile nella facies della mamma di Fausto perennemente triste e sofferente.

Simile la storia di Enzo, 5 anni, segnalato per disturbo della condotta e comportamenti sessuali non adeguati, la cui mamma mi rivela di ripetuti abusi sessuali subiti da lei e dalle sue sorelle fin da piccola, e per molto tempo, ad opera di uno zio materno.
Rendere queste madri consapevoli della loro storia è il primo passo, altri ne devono seguire, per alleggerire il peso del proprio figlio. Si tratta di far emergere un dolore sommerso, non detto, e cercare di far comprendere i fili che legano le vecchie storie dolorose con quelle attuali.

Lavorando con i genitori si può vedere come alcuni usano i figli per realizzare i loro bisogni interni, altri hanno la necessità di realizzare attraverso i figli qualcosa che appartiene alla loro mente, o che riparano nel figlio i propri danni interiori , o ancora usano il figlio come contenitore degli aspetti di sé rifiutati o non accettati, tutto questo naturalmente riguarda un registro inconscio.
Occorre instaurare una stretta alleanza perché così si promuove la salute mentale non solo del bambino, ma di tutta la famiglia.

La coppia parentale possiede la capacità , le risorse, e la possibilità di avere, nel processo terapeutico, un ruolo attivo e non solo di delega al terapeuta.

 

 


Area di competenza
2° e 3° infanzia
  • Problemi di relazione
  • Problemi di separazione
  • Ansia e somatizzazione
  • Disturbo dello spettro autistico
  • Ritardo di linguaggio
  • Disturbo del comportamento
  • Disturbi alimentari
  • Fobie scolari
  • Oppositività

Adolescenti
  • Crisi adolescenziale
  • Depressione
  • Disturbi relazionali
  • Elaborazione del lutto

Adulti
  • Problemi esistenziali
  • Crisi del ciclo di vita
  • Coppie in crisi
  • Ansia e depressione
  • Elaborazione del lutto

Dott.ssa Silvana Simoncini
Psicologa e Psicoterapeuta a Firenze
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Toscana n. 787 dal 1989

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